Vista generale dell’edificio. La superficie esterna è divisa in due livelli costituiti da cemento e vetro serigrafato.

Particolare delle prese d’aria fisse presenti sulla superficie vetrata: “gelosie” in vetro stratificato di sicurezza con trattamento serigrafico.

Le aree vetrate tra le lastre in c.c.a. sono trattate con un pattern puntinato che garantisce una adeguata schermatura solare e permette alla luce naturale di diffondersi all’interno.

Particolare del sistema di facciata costituito da lastre di vetro stratificato di sicurezza fissate puntualmente alla struttura in alette portanti in vetro.

 

Il progetto
Il Centro Ricerche per la Risonanza Nucleare Magnetica di Ben van Berkel e Caroline Bos costituisce un ulteriore complesso aggiunto al Campus universitario di Uitford. In questo edificio viene studiata la struttura molecolare del DNA con l’aiuto di elettromagneti.
Il laboratorio contiene otto magneti ad alta frequenza, centrali di rilevamento ed elaborazione dei dati, uffici e spazi pubblici.
Il particolare tipo di attività sperimentali che hanno luogo all’interno di questa struttura hanno determinato sia l’organizzazione planimetrica dell’intero complesso, sia la scelta dei materiali; inoltre, gli ambineti di lavoro, interni per essere operativi, necessitano di essere schermati da qualsiasi attività esterna che può modificare il campo magnetico come, ad esempio, la presenza di persone, computers, pacemakers etc.
Gli strumenti adoperati per la ricerca, che generano una intensità di campo di circa cinquecentomila volte quella sviluppata dalla forza gravitazionale terrestre, individuano una sorta di cuore virtuale attorno al quale viene organizzato l’intero progetto determinandone, a posteriori, la struttura e la superficie.
Il nucleo centrale dei laboratori è schermato da ogni influenza esterna tramite un plastico involucro continuo: una singola lastra di rivestimento in conglomerato cementizio armato avvolge i due laboratori centrali dal solaio al muro, dal muro alla copertura, continuando dalla copertura alla facciata.
Questo effetto avvolgente è intensificato anche per mezzo della composizione planivolumetrica dell’edificio: i percorsi (che rappresentano un parametro progettuale costante in tutti i loro progetti) e gli atelier annessi giocano, infatti, un ruolo complementare di tampone rispetto al raggio di influenza di queste macchine.
L’edificio ha una superficie esterna di cemento e vetro serigrafato, diviso in due livelli. Tra la lastra in calcestruzzo, in corrispondenza degli uffici, dei laboratori e dei percorsi, sono presenti aree vetrate trattate con un pattern puntinato che garantisce una adeguata schermatura solare e permette alla luce naturale di diffondersi all’interno.

La tecnologia costruttiva
La potenza radiante dei magneti determina l’ossatura virtuale del progetto e, con essa, l’organizzazione dell’edificio, la sua struttura e la scelta dei materiali.
Per garantire il minimo rischio, il materiale radioattivo è contenuto all’interno di un volume ermetico costituito da  due casse di calcestruzzo molto spesse (570 mm di strato interno + 200 mm strato esterno, con uno strato isolante intermedio di 80 mm) che rivelano il loro spessore in corrispondenza della faccia terminale della lastra.
L’organizzazione planimetrica dell’edificio risiede nelle sue superfici: lo spessore del guscio in cls permette di includere la struttura, simile a una volta tesa, liberando l’organizzazione planimetrica da strutture di sostegno puntiformi.
Due principi sono qui applicati: l’impatto di volumi e materia, che si traducono nei movimenti curvi, multidirezionali delle superfici stesse che producono forme fluenti in cui sia il calcestruzzo che il vetro, scorrono senza giunzioni. L’edificio è diviso in due livelli i cui volumi sottendono a un rivestimento quasi indipendente dalla funzione dell’edificio ma la cui continuità è garantita dal fluire reciproco dei due materiali.
Per quanto riguarda la superficie vetrata serigrafata, essa è costituita da lastre di vetro stratificato di sicurezza fissate puntualmente a una struttura costituita da alette portanti in vetro collegate, a loro volta, tramite bulloni, ad angolari in alluminio. Le prese d’aria presenti sulla sua superficie sono fisse e anche esse costituite di vetro stratificato di sicurezza.

Il materiale
Mentre erano ancora studenti all’Academy of Architecture di Londra, Ben van Berkel e Caroline Bos hanno fissato la loro tesi sul concetto di dettaglio architettonico attraverso la valutazione e re-interpretazione del lavoro di Carlo Scarpa. L’architetto italiano (1906-1978) era già da allora noto per la sua inclinazione verso  dettagli, per la sua maestria nell’accostare materiali differenti, piuttosto che per la qualità spaziale dei suoi progetti.
Nella pubblicazione “The ideal detail: theme and motif” viene ‹‹notato che la struttura spaziale delle produzioni di Scarpa non siano molto convincenti  e che è più che altro il dettaglio che unisce i vari componenti e di conseguenza determina la struttura […] il dettaglio assume la forma di un Leitmotiv. Il fatto che Scarpa conferisca tutta questa indipendenza al dettaglio ha spesso portato il suo lavoro a essere interpretato come frammentato, mancante di armonia, e de-composto. Questo è il motivo per cui molte persone si ostinano a ritenere che il dettaglio dovrebbe occupare una posizione subordinata››._1
Il paradigma secondo cui il dettaglio costituisce un aspetto banale nella composizione architettonica è riscontrabile spesso nella filosofia progettuale di importanti architetti contemporanei come Rem Koolhaas, Zaha Hadid e Daniel Libeskind: progettisti molto più interessati al concept dell’architettura e alla sua astrazione sostanziale.
L’interpretazione proposta da van Berkel e la Bos suggerisce la fusione delle due correnti di pensiero, ponendo le basi per la creazione di un link tra il “dettaglio” e il “concept”, dal momento il dettaglio rappresenta un potenziale mezzo per strutturare il rivestimento e i volumi.
I dettagli non sono complicati e composti da molti materiali, come nell’opera di Scarpa; i particolari di Van Berkel acquistano una scala maggiore e sono più semplici. Non rappresentano più un Leitmotiv ma l’oggetto indiretto di tutta la composizione, in modo da enfatizzare sia la qualità scultorea che la qualità spaziale dell’edificio.
Tendendo presente questi presupposti riesce immediato riscontrare, anche nel progetto preso in esame, la coerenza con gli enunciati precedentemente esposti: la facciata consiste di soli due materiali, collocati uno dietro all’altro in modo tale da non creare nodi complicati. La tensione che ne deriva non è più di tanto prodotta dal confronto della loro diversità ma sorge dalla natura intrinseca dei materiali stessi e dalle qualità stratificate di essi. Nel caso del vetro questa stratificazione, ottenuta per mezzo della serigrafia, dona al materiale differenti gradazioni di trasparenza e previene questa facciata (costituita da un singolo materiale) dal diventare troppo piatta e monotona.
Qui il dettaglio è rappresentato, per astrazione, da trasparenze variamente rivelate che si concretizzano attraverso l’imposizione di uno schermo semi trasparente.
La facciata è quindi un singolo dettaglio, che acquisisce una dimensione completamente differente dal ruolo tradizionale e che consiste in differenti piccoli dettagli, attraverso i quali si comprende  l’edificio nelle sua entità funzionale.
L’utilizzo del vetro serigrafato non produce solamente un effetto marezzato ma permette all’edificio di essere avvertito da una certa distanza come un come un’unica struttura scultorea; è solo da vicino che si distinguono gli spazi funzionali. I materiali semi trasparenti, infatti, vengono utilizzati non solo per creare l’impressione di profondità in facciata o di una pelle continua, ma anche per generare più volume all’edificio.

1_Ben van Berkel e Caroline Bos, Het ideale detail: thema en motief, Forum 1987, n.°4.

Riferimenti bibliografici
- AA.VV., Architecture in the Netherlands. Yearbook 2001/2002, Nai Uitgevers, Rotterdam, 2002
- Ed Melet “UN Studio. Details as structures” in The architectural detail. Dutch architects visualise their concepts.  Nai Publishers, Rotterdam.
- “NMR laboratory in Utrecht: more than a single surface”, in UN Studio, Thames&Hudson, Londra, 2006, pg. 35-38.
- Institut fur internationale Architektur-Documentation GmbH&co KG, “Labotatory building in Utrecht” in Detail n.° 4, 2003, pp. 352-355.
- Pieters, Dominique, “Een bebouw inwikkelen” in De Architect, sett. 2001 pp. 86-89
- Un Studio, “NMR Facilities”, in GA Document n.° 76, 2001 pp. 28-35.
- R. M., “Bunker Antiradiation. Laboratoire di RMN” in Techniques & Architecture, n.°458, 2002, pp. 133-135.

Riferimenti internet
www.unstudio.com

Disegni
Sezione verticale 1:10
Sezione verticale 1:50