Vista generale esterna del Museo. L’edificio espositivo, osservato dall’esterno, appare come una sorta di “lampada”. L’intervento è costituito da una torre isolata di vetro con un’intima massa di calcestruzzo che struttura la composizione spaziale interna dell’edificio.

Vista generale esterna dell’intero complesso. Il Museo vetrato ha quattro piani fuori terra e due interrati e concentra esclusivamente sulla sua funzione primaria che è quella di esibire l’arte. Tutti gli altri servizi accessori sono situati all’interno di uno specifico edificio antistante al corpo di fabbrica principale.

L’edificio attraverso la stratificazione del suo involucro, costituito da superfici riflettenti sovrapposte, assorbe  al suo interno la luce, la riflette e dà indicazione della sua vita interna a seconda dei differenti angoli di visione.

Particolare della facciata. Le sporgenze create dal sistema di aggancio conferiscono un carattere vibrante alla facciata che si contrappone alla rigida modularità dell’intero sistema.

Particolare della facciata in corrispondenza della porta di accesso al Museo.
L’elemento più importante del programma di illuminazione dell’edificio è rappresentato dall’uso di lastre in vetro acidato per gli elementi di rivestimento. Tutte le lastre hanno la possibilità di essere facilmente pulite e sostituite; inoltre, grazie al loro lungo ciclo di vita, si possono disassemblare e riutilizzare.

Particolare della facciata. La pelle più esterna è costituita da 712 scandole di vetro stratificato costituito da due lastre da 10 mm di vetro float extra-chiaro unite da uno strato intermedio quadruplo di PVB; presentano un  trattamento di acidatura sul lato esterno della lastra. Ogni lastra pesa 252 kg e ha la dimensione di 1,72 x 2,93 m.

Particolare della facciata in corrispondenza dell’attacco a terra. In prossimità dell’attacco con il suolo le graffe sono innestate direttamente nel pavimento asfaltato della strada attraverso delle viti. Le scandole sfiorano appena il terreno.

Particolare della facciata in corrispondenza della soluzione d’angolo. L’involucro esterno dell’edificio è costituito da una doppia pelle vetrata costituita da lastre vetrate in vetro stratificato con trattamento superficiale di acidatura all’esterno e da vetrocamera all’interno.
La facciata è stata progettata per essere una struttura autoportante, completamente indipendente dall’edificio.

Particolare della facciata in corrispondenza del sistema di collegamento delle lastre. Le lastre della pelle esterna di vetro sono tutte della stessa dimensione. Non sono né perforate né tagliate; appoggiano su staffe e sono trattenute da delle graffe in acciaio cromato munite di guarnizioni di protezione. I giunti delle lastre di vetro rimangono aperti, lasciando esposti gli angoli delle scandole che in questo modo rimandano a una pelle squamata.

Particolare del sistema di collegamento delle lastre vetrate esterne.  La sagomatura delle graffe permette l’aggancio di quattro lastre contemporaneamente, due sulla parte superiore e due in quella inferiore, mantenendo ognuna delle scandole orientata secondo la direttrice stabilita e separata dalle altre per consentire il passaggio dell’aria.
In corrispondenza dei punti in cui le graffe supportano il peso della lastra si notano degli spessi profili in silicone, incollati precedentemente in stabilimento.

Particolare della struttura in acciaio di supporto della facciata. La struttura spaziale è  composta da un telaio in elementi prefabbricati in acciaio lunghi 27 metri, con una campata strutturale di 4,5 metri e con una profondità di 0,9 metri. Il peso totale è di 180 tonnellate.

Vista interna al Museo. Particolare del sistema di controsoffittatura vetrato. La luce, in questo intervento viene ritratta per tre volte attraverso il vetro: prima per mezzo la pelle esterna squamata, poi tramite la vetrata isolante fino a fondersi, infine, con quella del controsoffitto vetrato.

Particolare della pelle interna della chiusura esterna dell’edificio. La vetrata interna è costituita da un vetrocamera acidato composto da una lastra interna in vetro stratificato (2 x 6 mm di vetro float extra - chiaro), una camera d’aria di 12 mm con all’interno del krypton e una lastra esterna di vetro float da 6 mm. L’area totale di vetrocamera è di 2000 m2; le unità di dimensioni maggiori misurano 1,42 x 4 metri, con un peso di 255 kg. All’interno è collocato un sistema di oscuramento flessibile, costituito da lamelle mobili,  per la protezione solare e la modulazione della luce interna.

Vista interna del primo piano interrato. Le partizioni verticali interne dei piani interrati sono costituite di vetrocemento dal pavimento al soffitto.

Il progetto
Nel 1993 la cittadina austriaca di Bregenz indice un concorso d’idee per la costruzione di un nuovo museo dell’arte davanti al Lago Costanza. L’isolato su cui doveva sorgere la nuova architettura ha un carattere particolare: l’impianto del sito è caratterizzato da un preesistente braccio di edifici isolati che sono proceduti verso il lago attraverso delicati interventi puntuali che però, nel tempo, non hanno però creato un margine definito. Caratteristica specifica del bando del concorso era quindi la definizione di un nuovo intervento architettonico che si inserisse nella cortina edilizia lungo la riva come un elemento tanto autonomo quanto consapevole. Un altro paradigma progettuale fondamentale richiesto dal bando era la caratterizzazione di questa nuova architettura per mezzo della luce.
Sulla base di questi i presupposti il progetto di Zumthor, rispetto agli altri partecipanti, mostrava due caratteristiche essenziali che ne hanno decretato il successo. Il progetto presentato dall’architetto svizzero è riuscito a interpretare in maniera originale il tema della luce e a inserirsi con naturalezza nel panorama di Bregenz nonostante la decisa caratterizzazione del propria immagine.
Il Museo è stato concepito come una costruzione solitaria in una locazione prominente ma non troppo distante dallo specchio d’acqua del lago. L’edificio espositivo, osservato dall’esterno, appare come una sorta di “faro”, una  fonte di luce all’interno della città.
L’intervento di Zumthor è costituito da una torre isolata di vetro che nasconde in realtà una struttura di calcestruzzo che fornisce la composizione spaziale interna dell’edificio.
L’edificio attraverso la stratificazione del suo involucro, costituito da superfici riflettenti sovrapposte, assorbe  al suo interno la luce, la riflette e dà indicazione della sua vita interna a seconda dei differenti angoli di visione.
Il museo si sviluppa su quattro piani fuori terra e due interrati, concentrando al suo interno la funzione primaria espositiva. Tutti i servizi accessori come la libreria, i negozi, il caffè e gli uffici sono situati in un secondo edificio, che con la sua a attacco separata dà origine una nuova piazza. L’ingresso al Museo, che avviene dalla piazza antistante, si trova sul lato est dell’edificio, è fuori asse ed è rivolto verso la città. Oltrepassata l’entrata il visitatore giunge in un ambiente multifunzionale racchiuso da pareti portanti in cls che delimitano un quadrato interno, vera superficie espositiva. Posteriormente a questi elementi strutturali sono collocati tutti gli elementi di servizio e di distribuzione.
A causa della ridotta dimensione del sito si è dovuto rinunciare alla classica organizzazione lineare di sale a illuminazione zenitale. Il principio del percorso continuo è qui salvaguardato tramite l’espediente della  sovrapposizione delle sale espositive. Questo principio distributivo a concatenazione verticale, assecondato  dalla disposizione delle piattaforme strutturali che si accompagnano a un leggero movimento rotatorio, genera un itinerario di visita spiroidale. Il principio dell’attraversamento degli spazi avviene non assialmente ma tangenzialmente: in questo modo si può cogliere ogni sala con un solo colpo d’occhio.
Il primo livello interrato è anche esso accessibile al pubblico: ospita una sala lettura, il centro educativo del museo, un magazzino e vari impianti di servizio. Al suo interno è possibile godere di  condizioni di luce naturale che giunge a diffondersi nell’ambiente attraverso l’intercapedine di 90 centimetri dell’involucro vetrato.
Il secondo livello interrato, che non è invece accessibile al pubblico, ospita l’archivio originale, dei laboratori e i locali per gli impianti.
Per quanto concerne i livelli superiori, i restanti tre piani per le esposizioni si distinguono tra loro solo per le differenti quote dei soffitti. Quello che in un museo è in relazione alla differenziazione dimensionale delle sale o della direttrice di visita, qui si manifesta per mezzo del trattamento delle pareti e nell’altezza delle sale. Il terzo e ultimo piano, che è quello che può godere delle condizioni migliori di illuminazione, è infatti alto 4,70 metri mentre il primo e il secondo misurano 4,20 metri.

La tecnologia costruttiva
Il design strutturale del museo si dichiara già nel progetto del foyer del piano terra.
Lo spazio interno è infatti strutturato in area espositiva e di servizio per mezzo di tre setti portanti che sorreggono i piani e il soffitto della Kunsthaus. Le partizioni interne, oltre a caratterizzare la pianta dell’edificio, qui svolgono anche funzione strutturale: sono costituite da tre lastre verticali, che si sviluppano attraverso l’intero edificio, in calcestruzzo armato a vista realizzate con un unico getto, dello spessore di 72 cm.
Tutte le unità funzionali (vani scale, uscite di sicurezza, ascensori e montacarichi) e gli elementi tecnici sono nascoste dietro a esse in modo da dare origine uno spazio espositivo a pianta libera di 464 m2 per piano.
Gli elementi del nucleo portante hanno inoltre la funzione di provvedere alla climatizzazione dell’edificio: i solai e i setti strutturali sono infatti attraversati da un sistema di tubature collegate e delle pompe geotermiche che, in cooperazione con il sistema di facciata e con un sistema di canali di aerazione interno ai solai, riducono ulteriormente il dispendio energetico per la climatizzazione. Vale la pena ricordare che la Kunsthaus è stato il primo museo a essere costruito senza fare ricorso a un sistema di condizionamento dell’aria tradizionale per rispondere ai requisiti delle opere esposte.
I solai, che appoggiano sui setti, sono in lastre pretese di calcestruzzo dello spessore di 80 cm; presentano inoltre, in corrispondenza dello sbalzo terminale, un profilo smussato che permette alla luce di penetrare più in profondità.
Le superfici dei singoli ambienti sono inoltre caratterizzate da diversi trattamenti cromatici e di posa; il pavimento è costituito da Terrazzo di colore grigio scuro privo di giunti al piano terra mentre le scale e i piani superiori sono in una tonalità di grigio più chiara. Il soffitto del piano terra, senza rivestimenti, rimane in cemento a vista, con l’unica eccezione delle lampade semisferiche per l’illuminazione artificiale.
L’involucro esterno dell’edificio è costituito da una doppia pelle vetrata.
La facciata è stata progettata per essere una struttura autoportante, completamente indipendente dall’edificio. Ridotta all’essenziale in termini statici, è ancorata all’edificio solo per scaricare i carichi dovuti al vento: “i dettagli hanno il compito di esprimere ciò che l’idea progettuale di fondo esige in quel determinato punto dell’oggetto: unione o disgiunzione, tensione o leggerezza, attrito, solidità, fragilità … i dettagli, quando riescono felicemente, non sono una decorazione. Non distraggono, non intrattengono ma inducono alla comprensione del tutto, alla cui essenza necessariamente appartengono ”1
La struttura spaziale della facciata in acciaio, del peso totale 180 tonnellate, è composta da un telaio in elementi prefabbricati in acciaio lunghi 27 metri, con una campata strutturale di 4,5 metri e con una profondità di 0,9 metri.
Questi sorreggono i due strati del rivestimento costituiti da lastre vetrate in vetro stratificato con trattamento superficiale di acidatura all’esterno e da vetrocamera all’interno.
Le lastre della pelle esterna di vetro sono tutte della stessa dimensione. Non sono né perforate né tagliate; appoggiano su staffe e sono trattenute da graffe in acciaio cromato munite di guarnizioni di protezione. I giunti delle lastre di vetro rimangono aperti, lasciando esposti gli angoli delle scandole che in questo modo rimandano a una pelle squamata.
La sagomatura delle graffe permette l’aggancio di quattro lastre contemporaneamente, due sulla parte superiore e due in quella inferiore, mantenendo ognuna delle scandole orientata secondo la direttrice stabilita e separata dalle altre per consentire il passaggio dell’aria.
In corrispondenza dei punti in cui le graffe supportano il peso della lastra si notano delle spesse sigillature in silicone che sono stati applicate in stabilimento. Questo collegamento adesivo ha richiesto di speciali riguardi durante la produzione dal momento che costituisce una connessione che deve supportare tutto il peso della lastra nel momento in cui questa si rompe.
In corrispondenza dell’attacco con il suolo le graffe sono innestate direttamente nel pavimento asfaltato della strada attraverso delle viti  e fanno in modo che le scandole sfiorino appena il terreno.
Le due pelli del rivestimento sono separate da una intercapedine di 90 centimetri di spessore che penetra, in sezione, fino al primo livello interrato rendendo possibile il raggiungimento della luce naturale fino a questo  piano sotterraneo.
Il sistema di aggancio è importante anche dal punto di vista architettonico in quanto le sporgenze che si vengono a creare rendono la facciata una parete vibrante anche se regolata da una rigida modularità.
L’aria del lago penetra all’interno dell’intercapedine tra il vetrocamera e le lamelle esterne e crea un sistema di raffrescamento passivo per mezzo del moto convettivo che ha origine al suo interno. Questa cavità è inoltre attrezzata con ascensori per i servizi e il mantenimento dell’edificio e con un sistema di punti luce per illuminare il museo nelle ore notturne. Oltre a ciò è collocato un sistema di oscuramento flessibile costituito da lamelle mobili per la protezione solare e la modulazione della luce interna, regolato automaticamente in funzione della radiazione solare da un sensore della luce disposto sulla copertura.
Vista la peculiarità dell’intervento, la costruzione della vetrata ha richiesto notevoli sforzi di progetto di  installazione al costruttore. Per quanto riguarda l’assemblaggio della facciata interna il primo problema che si è verificato ha riguardato l’installazione del vetrocamera che non si è potuta verificare né dall’interno, a causa della dimensione maggiore del modulo rispetto all’effettiva apertura da vetrare, né tantomeno dall’esterno perché la struttura portante in acciaio ne impediva l’accesso.
L’unica possibilità era quella di far scivolare all’interno dell’intercapedine le lastre verso il basso a partire dalla copertura.
Per questo progetto il sistema di assemblaggio è stato sviluppato appositamente dall’azienda Glas Marte.
Sul tetto, a una altezza di 32 metri, è stata posta una gru mobile e scorrevole su rotaia in grado di sollevare,  mediante ventose applicate a una intelaiatura di sostegno, gli elementi vetrati direttamente dal container con cui venivano trasportati e collocati nella posizione in cui si sarebbero dovuti calare.
Durante le delicate operazioni di assemblaggio del vetro si è dovuto tener conto di una tolleranza di soli 16 millimetri dovuta alle protuberanze meccaniche degli elementi di fissaggio della struttura del rivestimento. Per precauzione, a causa dell’estrema delicatezza del materiale, prima dell’assemblaggio di qualsiasi lastra vetrata è stato preventivamente usato un tester di legno con dei sensori elettrici per verificare la presenza di eventuali elementi di disturbo che si sarebbero potuti incontrare durante l’installazione.

1_Peter Zumthor, Pensare architettura, Electa, Milano, 1998, pg 12.

Il materiale
La sovrapposizione dei piani espositivi, profondi e di forma quadrata, dovuta ai motivi di spazio prima esposti, richiedeva una concezione della luce innovativa, che nella fase concorsuale era stata solo abbozzata.
La Kunsthaus è stata concepita come un museo in grado di impiegare la luce naturale. All’interno delle sale espositive hanno origine solo zone a illuminazione differente ma nessuna ombra.
La facciata, costituita da lastre di vetro acidato, funge da filtro per la diffusione della luce che la attraversa, illuminando gli ambienti interni in maniera differente a seconda dell’ora del giorno e del periodo dell’anno. In questo modo si crea un’atmosfera luminosa naturale anche in assenza di aperture visibili e il visitatore può notare infatti come Zumthor gli impedisca ogni visuale verso l’esterno in modo da catalizzare la sua concentrazione esclusivamente sull’arte e sugli spazi espositivi.
Per la facciata sono state impiegate lastre di vetro acidato che rappresentano l’elemento più importante del programma di illuminazione dell’edificio. Tutte le lastre esterne hanno la possibilità di essere facilmente pulite e sostituite; inoltre, grazie al loro lungo ciclo di vita, si possono disassemblare e riutilizzare.
La luce, attraverso questo materiale, viene rifratta per tre volte: prima per mezzo della pelle esterna squamata, poi tramite la vetrata isolante fino a fondersi con quella del controsoffitto vetrato.
La pelle più esterna è costituita da 712 scandole di vetro stratificato costituito da lastre di vetro float extra-chiaro unite da uno strato intermedio quadruplo di PVB, che presentano un  trattamento di acidatura sul lato esterno della lastra. Ogni lastra pesa 252 kg e ha la dimensione di 1,72 x 2,93 m.
La vetrata interna è costituita da un vetrocamera anch’esso acidato composto da una lastra interna in vetro stratificato (doppia lastra di vetro float extra - chiaro), una camera d’aria di 12 mm con all’interno gas krypton e una lastra esterna di vetro float da 6 mm. L’area totale di vetrocamera è di 2000 m2; le unità di dimensioni maggiori misurano 1,42 x 4 metri, con un peso di 255 kg.
Le partizioni verticali interne dei piani interrati sono costituite di vetrocemento, sia per il pavimento che per il controsoffitto.
I soffitti dei piani successivi al livello di entrata contribuiscono anche essi, insieme a tutto il sistema, alla definizione di un rapporto della luce ambientale prossimo alle condizioni naturali. Le lastre della controssoffittatura sono costituite da un vetrocamera composto da vetro float extra-chiaro con doppio strato di PVB da 0,375 mm, una camera d’aria di 12 mm con gas argon e una lastra esterna di 6 mm in vetro float extra chiaro acidato sul lato inferiore.
Il sistema di controssoffittatura è costituito da 705 elementi quadrati (235 per piano), delle dimensioni di 1,45 x 1,45 m, del peso di 63 kg ciascuno, sospesi da giunti ben visibili sorretti da aste in acciaio del diametro di
6 mm. All’interno dell’intercapedine del controsoffitto è presente uno “spazio di luce” alto 2 m, nel quale la luce artificiale di speciali lampade a pendolo si rende complementare alla luce naturale.

Riferimenti bibliografici
- Heinz W. Krewinkel, Glass Buildings. Material, structure and detail. Birkhauser, Basel, 1998, pp. 110-115.
- Peter Zumthor, Pensare architettura, Electa, Milano, 1998.
- Peter Zumthor, Kunsthaus Bregenz, aka Werkdokumente, Hatje, 1999.
- Peter Zumthor, “Museo de arte en Bregenz” in El Croquis n° 88-89, pp. 288–292.
- Friedrich Achleitner, “Maison des arts” in AMC n° 84 pp. 32-41.
- Francois Burckhardt, “Museo d’arte, Bregenz, Austria” in Domus n° 798 pp. 36-43.
- “L’avventura della visibilità. Kunsthaus, Bregenz (Austria), Peter Zumthor” in Rassegna n° 86, pp. 58-67
- “Mystical presence” in The architectural review, 1210, 1997, pp.50-57

Disegni
Sezione controsoffitto
Sezione orizzontale
Sezione sistema di attacco
Sezione verticale 1:50